Era stato un lungo viaggio, finito da tanto e forse troppo tempo.
Ma era come se non riuscisse a sbarazzarsi dell’automobile con cui l’avevano fatto: la teneva nascosta in garage, sotto quintali di polvere.
Ed era come se non volesse accettare che non esisteva più la marca di benzina con cui fare il pieno.
Si era sempre concessa di sedersi lì dentro, provando ad abbassare i finestrini per far entrare un po’ d’aria nuova nelle loro vite adulte – e forse mature.
Ma la manovella era incastrata. E non c’era elettricità per muoverli automaticamente.
Avrebbe voluto suonare il clacson per avere la sua attenzione, ma non sapeva di non c’entrare più niente con il percorso che lui stava facendo. E non sarebbe stato giusto.
Avrebbe tentato di pulire il parabrezza per vedere più chiaramente cosa poteva riservare il futuro. Anche solo un incontro casuale tra un milione, come era successo a loro, in un posto dove nemmeno voleva trovarsi.
Ma era tutto spento.
Le sarebbe piaciuto girarsi verso il lato passeggero e vederlo accanto, sorridere, mettendo la mano sulla sua mentre cambiava marcia.
Per davvero. E non come le false promesse che gli avevo fatto.
Ma poi si ricordò che, pur avendo la patente, non aveva mai guidato.
E per questo che decise scendere da quella vecchia macchina, abbandonare l’idea di un nuovo viaggio e ammettere ciò che aveva finalmente imparato.
Qualcosa di diverso dal lieto fine cinematografico: continuare ad amare, ma lasciare andare.
Playlist aggiornata 🙂
