Lettera da Braies

Sono tornato tra queste montagne, papà. Ho preso due treni da Bolzano e un bus da Monguelfo per poterci arrivare. Sono venuto qui, dalle montagne e dal lago che, durante i miei anni da adolescente e grandicello, non ho mai sopportato. Perché mi portavano via dagli amici che andavano al mare, dalle ore di sonno e di inutilità che sentivo avrebbero dovuto caratterizzare le mie estati di quei tempi. Sono tornato qui perché, da quando non ci sei più, ho sentito di averti perso. Forse hai scoperto tutte le mie marachelle, forse hai avuto tempo di pensare alle delusioni che ti ho dato. Ma venendo qui, papà, mi sono reso conto che ero io ad essermi perso, ad aver perso tutti e due perché mi sono concentrato su cose stupide ed ero arrabbiato perché non ti riuscivo a sognare. Ma qui, davanti a questo lago, dove le mie lacrime per la tua assenza si mescolano con i colori meravigliosi dell’acqua, ho sentito il tuo calore. E la tua voce che mi chiama per farci una foto o per farci una passeggiata. E ti ho ritrovato papà. E, almeno un po’ , sono certo di aver ritrovato anche me stesso. Lo rifaremo, te lo prometto.

Lettera per il tuo matrimonio – oltre dodici righe

Ammetto che la notizia non poteva cogliermi impreparato. Non doveva. Eppure lo ha fatto. Ti scrivo dopo mesi che l’ho saputo perché il mondo è piccolo e la gente sbraita senza discrezione e puoi tapparti le orecchie quanto vuoi, ma quello che non vuoi sapere lo saprai. E accade comunque. Ammetto che la mia ipotesi peggiore era che i nostri figli ipotetici, nati da compagnie diverse, avessero un giorno giocato assieme e si sarebbero potuti innamorare. E avere quello che non abbiamo avuto noi. Ammetto invece che avrei preferito rimanere solo piuttosto che vederti prendere cura di qualcuno che non avrebbe indicato me come padre e diventarne solamente un parente acquisito. Ammetto che pensavo fossimo un po’ come quelle onde che mi stanno proprio ora di fronte: per chissà quanto tempo stanno a chilometri e chilometri di distanza, poi si avvicinano, si incontrano, si scontrano, si uniscono, vanno fino a riva mano nella mano e si perdono nuovamente nello spazio infinito degli oceani per chissà quanto altro tempo. Ma sempre e comunque si incontrano, scontrano e riuniscono. Invece ti sposi. Pensa che smacco sapere da altre persone che non ha il mio nome ma ha lo stesso colore dei miei occhi. Forse mi sto appellando all’impossibile. Mi arrampico ad uno specchio senza corda di sicurezza, per poi cadere di schiena e rialzarmi a fatica come sempre. Dirai tanti sì davanti ad un interrogatorio. E un gallo canterà tre volte. Chissà che gusto avrà quella torta, che sapore quel brindisi e quelle labbra umide di spumante sigillate da una promessa, che si sfiorano e un po’ assaporano il retrogusto di storie passate. Tra cui la mia con te. Sarà un retrogusto amaro? Sarà dolce per averci messo un anello e non una pietra sopra? Non è poi così rilevante per chi come me osserva tutto questo senza volerne essere partecipe. Ti auguro il meglio fino al secondo prima di quel “sì”. Perché quel meglio credo ancora di essere io. Sono presuntuoso, mi spiace. E dopo quel secondo, la tua felicità non sarà più affar mio. Ma spero tu lo sia. Felice, non affar mio. Forse la cosa più grande che un giorno potrò imparare è amare e lasciare andare. Ma fino ad allora: congratulazioni.

Sono più di dodici righe, so che avrete pazienza 🙂 Playlist aggiornata con un pezzo molto adatto 😉 Buon ascolto!

La mia partenza – Cordiali saluti

Carissima, so quanto fosse stato difficile scrivermi quelle pagine, e mi sono reso conto che non ho mai risposto. Ho vissuto la mia vita, e forse ho creduto che fosse la risposta migliore. Ricordo come sentivo il rossore delle tue gote man mano che leggevo la lettera ed ero in partenza. Mi fa strano non conoscere più il tuo indirizzo. Non sapere dove spedire qualcosa o dove sorprenderti semmai volessi farlo. Eccomi in questo Settembre. Penso alle foglie in autunno che si incastrano sotto le ruote della valigia e non ti fanno andare avanti. Ti trascini ma le ruote sono ferme. Fai fatica. Devi sollevare tutto quel peso. Ecco i ricordi, quelli che ho di te: foglie in perenne autunno che si infilano nelle ruote della mia valigia quotidiana e mi fanno slittare su un marciapiede che, almeno in teoria, potrebbe essere senza alcun ostacolo emotivo. Eppure, non ho mai pensato di cambiare strada o di evitare questi alberi ingialliti. E mi chiedo. Ti chiedi? Cordiali saluti.

Playlist aggiornata! Buon ascolto 😉

Lettera mentale per una partenza

“Era qualche mese fa quando l’amore si presentò alla mia porta. Un giorno come un altro. Con un vento, leggero sulle gote. Eri tu. Nell’istante in cui ti vidi, capii tutto: mi soffiavi i capelli dagli occhi con amore e mi sfioravi le mani. E non sapevo dirti di no. Non volevo dirti di no. Quando ad un tuo complimento facevo finta di niente, era il mio desiderio nascosto di sentirtelo ripetere. Ripenso a queste cose adesso che partirai. E io ho capito già tutto. Ti prego, lascia uno spazio dove sognarmi. E se ti sentirai solo, sappi che anche io mi sentirò così. E allora le nostre solitudini saranno il modo per essere vicini. Parti pure se vuoi, ti supporto. No, non voglio. Penso queste cose mentre saluti i nostri amici. E quando toccherà a me so già che non dirò nulla. Ma spalancherò i miei occhi lucidi e spero che riuscirai a guardarli nel profondo, abbastanza per capire anche tu tutte queste cose. Ma, aspetta. Mi sfiori la mano. Hai bussato di nuovo. Hai capito. Puoi partire, ci sarò.”

Playlist aggiornata, buon ascolto 😉

La lunga lettera di Jeanne a Edmund (+ recensione)

Ho incontrato Jeanne l’altra sera. Parlavamo del più e del meno. Di lei ed Edmund. Che sono sia il più che il meno. Le dissi che era stato un peccato si fosse persa la sua lunghissima lettera per colpa della pozzanghera. Lei si fermò. Posò il bicchiere e rimase in silenzio. Dopo qualche minuto, si versò del vino – aveva la gola secca dai ricordi. Tirò fuori dalla sua borsetta un pc un po’ malmesso. Lo accese e cliccò su una cartella “Past times”. Ci cliccò ancora, e vidi un file con il nome di Edmund. Era la sua lettera. Accanto, un altro file che portava la data di qualche settimana dopo. Era la risposta di Jeanne, che non aveva mai inviato. Cliccò due volte e me la lasciò leggere. (Questo post fa seguito a “La lunga lettera di Edmund”. Per il rapporto epistolare completo: Lettere di Edmund I II III Finale ; Jeanne I II)

Edmund, devo chiederti scusa.
Solitamente non mi comporto così. In realtà non ho perso la memoria del mio computer quando è caduto in acqua, nè ho perso la memoria dei giorni trascorsi assieme.
Ho iniziato a scriverti qualcosa, ma mi sono fermata subito dopo perché l’ho trovata così stupida, piena di cliché.
E ho smesso di scriverti. Era troppo. Troppo per me.
Avrei voluto dirti quanto fremevo nell’aspettarti all’uscita dell’aula, quanto mi batteva il cuore nel vedere la tua sagoma avvicinarsi e diventare sempre più grande nel mio sistema sentimentale interiore. Avrei voluto che capissi il mio sguardo quella sera. Avrei voluto che mi spostassi i capelli quando li lasciavo di proposito davanti agli occhi. Avrei voluto tenerti stretto a me quando sei sceso dal treno, sapendo che eri andato nella mia città al momento sbagliato. Ti ho tenuto stretto, non so per quanto – cinque secondi e tre decimi – ma volevo di più.
Avrei voluto vederti sorridere sempre, anche quando sentivo il tuo imbarazzo insinuarsi nei nostri respiri. Quando mi mettevo il pigiama, e tu delicatamente giravi lo sguardo verso il muro vuoto della stanza che sono sicura dipingevi con colori d’amore e desiderio. La brezza dell’incertezza che soffiava sulla nostra pelle e rendeva tutto straordinario. Perché eravamo straordinari.
Avrei voluto tutto questo. Lo straordinario.
Ma ho preferito il silenzio.
E ho smesso di scriverti. Era troppo. Troppo per essere vero. Ed era troppa la paura.
Sorrido amaramente pensando che la tua paura di perdere la nostra amicizia era la mia stessa. Ed è stato quello che ci ha fatto perdere davvero.
Ora mi ritrovo con le tue parole su questo schermo, che credi di aver perso, mentre io raccolgo frasi sconnesse dal mio cassetto di pensieri infranti e teorie.
Perché ho preferito il silenzio.
Perché anche tu hai preferito il silenzio.
Uno straordinario silenzio, per una storia straordinaria che vivremo ciascuno nel proprio cuore.

PS Date uno sguardo qui, c’è una recensione del libro 🙂 Recensione “Dodicirighe”

Playlist aggiornata 😉

La lunga lettera di Edmund a Jeanne

Lo strano rapporto epistolare tra Edmund e Jeanne (che tovate qui: Lettere di Edmund I II III Finale ; Jeanne I II ) include questa lettera – collocabile prima di quella “finale” – che Edmund scrisse sul computer di Jeanne l’ultimo giorno del loro viaggio. Purtroppo per lui, il computer della ragazza andò a finire in acqua e perse tutti i dati. Ma lui ricorda ogni singola parola che le lasciò, senza che lei potesse leggerle mai. Sono più di dodici righe, ma non me la sono sentita di chiedergli di sintetizzare 😉

Cara Jeanne,
Solitamente preferisco scriverti a mano piuttosto che utilizzare un anonimo documento Word, ma la logistica e altre ragioni mi costringono ad usare strumenti elettronici. Perdonami se uso il tuo pc, ma non avevo scelta.
Non voglio giocare con le parole e usare retorica o metafore perché lo scopo di questa mia lettera è chiaro: mi piaci. Sono stato spaventato dal dirlo a me stesso dopo una lunga storia d’amore e svariati mesi di buona vita da single. Ma tempo fa ho dovuto ammettere la verità. Non sono qui per cercare una parola giusta per dirti ciò che sento; non è una questione di definizione per me.
Non è nuovo che io ti consideri qualcosa in più di un’amica e può sembrare non completamente onesto nei tuoi confronti dirtelo così e dopo mesi di costanti incontri, ma spero tu possa capire che non ti ho mai voluta perdere prima di tutto e che ho preferito un’amicizia (vera) al rischio di niente.
Ho stupidamente pensato che il formicolio della sera che ti incontrai fosse per aver posizionato male il braccio sul bancone. O che i crampi imbarazzanti in camera tua mentre guardavamo i film sul tuo letto fossero il principio della mia colite. Ho pensato che venirti a prendere in facoltà fosse un ottimo modo per fare sport, dovendo salire una bella collina, data la mia pigrizia. Che la sudorazione improvvisa ad ogni tuo contatto fosse un bilanciamento della mia alla tua temperatura corporea. Quanti pensieri. Quante teorie.
Non è stato facile nascondere i miei sentimenti, ma come ti ho detto, stare con te è stato, ed è, così bello che mi è sufficiente senza dover aggiungere altro. Ma sento che è arrivato il momento di dirti la verità, e dirmi la verità, dato che più il tempo sta passando e più sento qualcosa.
Ho provato a non sentire niente e lottare contro me stesso dato che sei anche impegnata. Ma, lo sai, il cuore conosce ragioni che la ragione non conosce. E mi sono dovuto arrendere ad un certo punto, perché amo stare con te.
Forse questo viaggio assieme è stata la miccia che mi ha spinto a scriverti (a parte le lettere gettate via). Abbiamo riso, parlato e sono stati dei momenti fantastici per me. E non ho sentito dolore nel nascondere i miei sentimenti.
Secondo te perché ho deciso di prendere un aereo e andare nella tua città due settimane fa? Per vedere te. Certo, il prezzo era economico, ma la conoscevo già. E’ stato frustrante scoprire che tu eri già partita, ma alla fine ti ho raggiunta qui in mezzo al verde di queste colline e ai cieli nuvolosi.
Perché ho deciso di dirtelo? La risposta è che non lo so.
Non ho mai pensato che tu potessi provare qualcosa per me. Ma chi lo sa, a parte te.
Non so come ti senti adesso, non so nemmeno se hai mai capito niente su di me.
Ma dopo tanto tempo in cui mi sono sentito colpevole di questi sentimenti, mi sento libero. Puro, nei miei atteggiamenti. Nessuna delle mie azioni ha mai avuto un secondo fine. Ma mi hai fatto sentire in un modo che avevo completamente dimenticato e mi hai reso felice. Una persona migliore.
Tutto è cominciato come un’amicizia e spero non ti senta mai tradita da queste mie parole quando riapriai il computer al tuo rientro.
Non ho delle precise aspettative dopo queste mie parole, come ti ho sempre detto “aspettati l’inaspettato e non avrai sorprese”.
Sono sempre stato me stesso, è tutto ciò che posso dirti alla fine.

Tu, cosa vuoi? No. Non rispondere. O forse sì.

(PFFFF sospiro di sollievo).

Edmund

Playlist aggiornata 😉

Inviti (pt.2 – conclusiva)

Continua da https://dodicirighe.wordpress.com/2013/09/12/inviti-pt-1/

“Lo so che è stato un tiro mancino questo invito. Ci ho ripensato tante volte, e infatti ti arriva a due giorni dal matrimono. Ti prego, non venire se sei lo stesso che conoscevo.” Nell’ultima frase mi sembrava di sentire un tocco incerto, spaventato. Ma ero arrabbiato. Mi vesto e cerco nell’elenco il suo indirizzo di casa. Corro più veloce che mai, potrei finire sull’autovelox. Mi apri, vestita di bianco. Quanto sei bella. Quanti rimpianti e quante differenze. Io in jeans e maglietta. Tu da sposa per le prove. -Sei lo stesso di tanti anni fa. Non saresti dovuto venire.- Sorridi e tremi. Mi sembra di vederti con la penna in mano. Capisco cosa volevi dire. La tua paura mista a felicità, che adesso è anche la mia. Mi sudano le mani. Ma anche tu sei la stessa, e me la prendi. Il prete in chiesa aspetta con il tuo polo magnetico troppo uguale per non essere respinto. Ho sempre pensato che gli opposti si attraggono per scontrarsi meglio, ma in fondo non abbiamo smesso di amare i nostri lividi.

Playlist aggiornata, buon ascolto! 😉

Inviti (pt.1)

Suonano alla porta, è il postino. Mi consegna le solite buste con tasse, bollette, giornali a cui sono abbonato ma sono troppo pigro per dis-abbonarmi. Ma ecco che ce n’è una nuova. Bianca come denti appena sbiancati, carta di qualità ottima. Sono curioso, va aperta con cautela e non strappando tutto come faccio sempre. Un cartoncino piegato a metà, anche questo con carta di qualità rilevante. Lo apro. E’ l’invito ad un matrimonio. Il tuo. Resto immobile, continuo a fissare quei fogli e comincio a sudare. Cado sul divano reggendo ancora questi coltelli di carta. Tocco con le dita le lettere del tuo nome e cognome, come un cieco che legge il Braille. Voglio essere sicuro, non mi importa chi sia l’altra persona. Ci passo sopra le dita più volte. Vorrei accarezzare le vocali e le consonanti ma mi sto ferendo i polpastrelli e il cuore a furia di voler essere sicuro. Il mio sguardo perso cade sulla busta: ci sono altri fogli. E’ la tua calligrafia. Comincio a leggere.
[continua nel prossimo post, stay tuned!]

Playlist aggiornata con un bel pezzo di Damien Rice, testo pregevole da leggere 😉

Edmund e i frammenti perduti di Jeanne (II)

Queste righe che seguono non scaturiscono dalla mente del solito autore ma da una preziosa collaborazione ricevuta. Grazie (:

Caro Edmund,
a me non piacciono le lettere fa piacere leggere la tua lettera. Certo non so cosa risponderti come dirti quello che provo nei tuoi confronti penso. Hai una tenerezza che amo fare simpatico e forse sei tu la persona di cui ho bisogno senz’altro insieme a te sto bene. Non è facile comprendermi starmi accanto come sei riuscito a fare tu e ho pensato delle volte che con te potrei essere felice dovrebbero esserci più uomini come te. Perché non mi hai scritto prima ti attiro tanto? Non ho nulla di speciale Avrei comunque desiderato più tempo per starti accanto che me ne parlassi di persona. Ora vorrei rivedere i tuoi occhi però non ha molto senso parlarne.Sto per partire e mi manchi già ti auguro il meglio. Avrei paura di legarmi a qualcuno piacere di risentirti se ti va. Sentiamoci ogni tanto In bocca al lupo,
tua Jeanne

Edmund e Jeanne sono i personaggi della serie di lettere di Edmund. Per rinfrescarvi la memoria, o conoscerli, date uno sguardo, in ordine come disposte di seguito:
Prima lettera
Seconda lettera
Terza lettera
La lettera di Edmund

Edmund e i frammenti perduti di Jeanne (I)

Edmund e i frammenti perduti di Jeanne (I)

Era finito il tirocinio per molti suoi amici, ma Edmund sarebbe rimasto ancora lì. Sentiva i suoi passi svuotarsi di quel terreno fatto di routine. Non era ancora riuscito a dimenticare colei a cui aveva destinato tante lettere strappate. Andò a salutare Marta, coinquilina di Jeanne. Stava preparando i bagagli e lo fece accomodare nella stanza a fianco, proprio di Jeanne. Seduto sul letto si interrogava se la camera conservasse qualche sospiro per tutti i baci mancati e le frasi senza un punto. Notò che il cestino non era vuoto e, controllando che Marta non ritornasse, diede un’occhiata a quel miscuglio di cartacce come se stesse aprendo uno scrigno. Per lui non era una spazzatura qualsiasi. C’erano tante carte strappate e, su un pezzetto, lesse un nome. Il suo. Aprì lo zaino pieno di cultura e lo riempì di curiosità e battiti accelerati di cuore. Non poteva ricostruire il suo cuore spezzato, ma poteva ricomporre quello di carta di Jeanne.

Edmund e Jeanne sono i personaggi della serie di lettere di Edmund. Per rinfrescarvi la memoria, o conoscerli, date uno sguardo, in ordine come disposte di seguito:
Prima lettera
Seconda lettera
Terza lettera
La lettera di Edmund

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