Io della biologia non c’ho capito un…

Ho sempre pensato che gli spazi, gli incavi e le intercapedini dei nostri corpi fossero fatte per combaciare. Un’immagine usata e abusata da scrittori, cantanti e artisti di vario genere.

Io ci trovavo qualcosa di fisiologico, al limite della conservazione della specie. Delle nostre due entità che, per sopravvivere, non avrebbero potuto fare a meno l’una dell’altra.

Che per poter resistere ad altri ambienti, climi, faune e flore, avrebbero dovuto compiere un salto quantico di spazio e tempo. Impossibile, irreplicabile.

Mi sentivo in una botte di ferro.

Ero convinto di questo.

Io l’ape e tu il mio unico fiore da custodire, sfidando le leggi della natura che sminuiscono ciò che proviamo.
Tu un atomo al centro del mio universo e io l’elettrone negativo ma felice che gli gira intorno, fino al rincoglionimento totale.

Credimi, nel mio essere incomprensibile, ho cercato di mostrarti e dimostrarti che ero quello giusto.

Che del mondo e delle sue leggi ce ne potevamo fregare.
Che, sì, c’è da soffrire, ma insieme non ci batteva nessuno.

Ma io, della biologia, evidentemente, non c’ho mai capito un cazzo.
O forse tu, questo gioco e le sue regole, le hai capite fin troppo bene.

Sagome

Siamo sagome vaganti,
stupide,
fatte di carne e di rimpianti.
Alla ricerca di qualcuno
che lenisca il nostro dolore.
E finiamo per accontentarci
anche di chi non è lei.

Boomer

Essere stati innamorati prima di WhatsApp, del “visualizzato alle…”, prima del “ti taggo in una story”, significa essersi detti le cose guardandosi o aspettandosi veramente.

E quell’attesa, quella pazienza, la scelta deliberata di restare insieme, oggi è quasi rivoluzionaria.

Cioccolatini ripieni

Mi ero fatto settecento film mentali, da quello più scadente a quello più romantico, passando dal fantastico. Avevo preparato mille discorsi, frasi ad effetto. Comprato cioccolatini, di quelli costosi, ripieni di non so cosa.
Ma quando ti ho vista uscire dal portone di casa, non ci ho capito più niente, tanto eri bella te lo giuro.
Credo che i cioccolatini siano ancora su quel muretto, sciolti o mangiati dai passanti. Quei film continuo a farmeli, e continuo a non saper cosa potrei dirti.
Chissà se riuscirò mai ad avere il coraggio di chiederti di uscire con me.

Dieci anni di dodicirighe

Sono sempre stato di poche parole, del resto è sempre stato questo lo spirito di dodicirighe. Nato per caso, da un lancio di dadi, e proseguito dalla lotta tra la mia testa e il mio cuore. Voglio ringraziare tutti voi, lettori vecchi e nuovi, che mi avete sempre sostenuto e ripreso. Grazie di cuore perché, senza di voi, dodicirighe sarebbe stato più vuoto.

Ad maiora!

Biglietto, prego

Capita nella vita di sentirsi passeggeri di un treno che non siamo sicuri sia il nostro, nonostante abbiamo controllato mille volte il binario, l’orario e la destinazione. E controlli più volte il biglietto, mentre altre persone salgono sul treno e cercano il loro posto e ti senti seduto in quello sbagliato, perché pensi di esserti seduto al loro posto. E resti in ansia e pensi che sicuramente di manderanno via e farai brutte figure e sarai giudicato, finché qualcuno non ti controlla il biglietto e ti dice che è giusto e puoi restare. Quante volte hai aspettato che qualcuno ti desse il suo benestare per sentirti giusto come e dove sei?

Sintetico

A furia di essere sintetico

per rispettare soglie basse

di attenzione

ho finito per preferire

il silenzio.

Ma anche su quello

mi dicono

di tagliare corto.

Romanticast – nuova avventura!

Cari tutti,

vi annuncio la mia nuova avventura che si chiama “Romanticast”: è un podcast dove leggerò alcune storie che ho scritto (alle quali si aggiungeranno contenuti bonus di tanto in tanto).

Spero che possa piacervi questo nuovo mezzo di comunicazione col quale cercherò di raggiungervi.

Qui sul blog, sotto la playlist, trovate i link degli ultimi episodi (cliccandoci su, verrete indirizzati alla piattaforma Anchor dalla quale poi ascoltarli o scegliere dove ascoltarmi).

In alternativa, potrete trovarmi cercando direttamente “Romanticast” o cliccando i seguenti link per queste piattaforme:

SPOTIFY: clicca sull’icona –>

BREAKER: https://www.breaker.audio/romanticast-1

GOOGLE PODCASTS: https://www.google.com/podcasts?feed=aHR0cHM6Ly9hbmNob3IuZm0vcy81NTU3MGE5NC9wb2RjYXN0L3Jzcw==

POCKET CASTS: https://pca.st/f4nmu2o1

RADIO PUBLIC: https://radiopublic.com/romanticast-WzznZJ

Fatemi sapere cosa ne pensate e… buon ascolto!

Il vostro Curi

Ve lo prometto

Ammetto di provare un po’ di sana invidia per chi può ancora chiamare i propri nonni. E a chiunque mi dice che lo sta per fare vorrei rispondere “ma sai che li chiamo anche io?”. Poi però chiudo gli occhi e sento la vostra mano sulla mia spalla, che scende e prende la mia mano per guidarmi o per essere guidati voi. Ci immaginiamo sempre i nonni come persone anziane per definizione e invece, guardando le foto della loro gioventù, mi rendo conto che sono stati tanto altro. Figli, genitori, amici, fratelli, sorelle. Ciò che sono stati per gli altri non posso saperlo. E anche quello che sono per me è difficile da spiegare. Le loro avventure e insegnamenti arrivano dai nostri genitori e zii. E spesso i nostri stessi ricordi sono frutto di elaborazioni di seconda mano. Ma sai che non mi importa? Perché quei ricordi sono comunque miei. E so che, anche se componessi il numero di casa dei miei nonni e squillasse a vuoto, il solo fatto di ricordare il numero di telefono mi fa sentire vicino. E chissà se, nei miei sogni, un giorno alzeranno la cornetta per ascoltare le mie peripezie e accarezzarmi dolcemente raccomandandomi di fare il bravo. Ve lo prometto.

Ti accompagno io

Ti accompagno io, non avere paura. Ti prendo per mano, senza guardarti negli occhi, come quando ci si urlava contro e si faceva pace ma senza dire niente. E per la vergogna si guardava a terra, senza incrociare i nostri sguardi. Ti accompagno io, non temere di sbagliare strada. Come quando ci dicevamo di essere una la bussola dell’altro. Un punto fermo, qualcosa da tenere sempre in mente quando ci si sentiva persi. Ti accompagno io, non sentirti sbagliato. Come quando ti dicevo sempre: non sei tu ad essere sbagliato, ma sbagli come tutti. E ti chiudevi a riccio, mi dicevi solo che non era vero. Fino a quando arrivavo a dire a me stessa che tu eri sbagliato. Per me. Ti accompagno io, anche se vorrei non conoscere la strada. Come quando ho indicato la porta di casa, la nostra casa. Ti accompagno io, perché è il momento. Ti accompagno a questa porta dei miei sogni e ti lascio uscire. È il momento che tu esca da tutti i miei pensieri. E ora che ti ho accompagnato fuori, e ho gettato via la chiave, mi sento sola. Ma felice. E, ti prego, non tornare. Anche se troverai la chiave che ho nascosto nel taschino della tua giacca. Non tornare. Perché non so se ti riaccompagnerei fuori. O se ti vendicherai e sarai tu a farlo con me.

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