Ho sempre pensato che gli spazi, gli incavi e le intercapedini dei nostri corpi fossero fatte per combaciare. Un’immagine usata e abusata da scrittori, cantanti e artisti di vario genere.
Io ci trovavo qualcosa di fisiologico, al limite della conservazione della specie. Delle nostre due entità che, per sopravvivere, non avrebbero potuto fare a meno l’una dell’altra.
Che per poter resistere ad altri ambienti, climi, faune e flore, avrebbero dovuto compiere un salto quantico di spazio e tempo. Impossibile, irreplicabile.
Mi sentivo in una botte di ferro.
Ero convinto di questo.
Io l’ape e tu il mio unico fiore da custodire, sfidando le leggi della natura che sminuiscono ciò che proviamo.
Tu un atomo al centro del mio universo e io l’elettrone negativo ma felice che gli gira intorno, fino al rincoglionimento totale.
Credimi, nel mio essere incomprensibile, ho cercato di mostrarti e dimostrarti che ero quello giusto.
Che del mondo e delle sue leggi ce ne potevamo fregare.
Che, sì, c’è da soffrire, ma insieme non ci batteva nessuno.
Ma io, della biologia, evidentemente, non c’ho mai capito un cazzo.
O forse tu, questo gioco e le sue regole, le hai capite fin troppo bene.

Nov 15, 2025 @ 19:11:58
Mi dispiace, Curi. io penso che resterò fregata!