Il sole entrava dalle tapparelle riempiendo il suo corpo di macchioline bianche. Attraversava i fori di quella sorta di scudo, toccando la sua pelle ancora addormentata. E io non muovevo un muscolo, non volevo svegliarla. Sperando che fosse già sveglia, che percepisse questa mia angoscia mattutina, questa mia incertezza sul parlarle o meno. Lasciavo che i raggi del sole, meno timidi di me, la cullassero verso il mondo esterno, senza che si traumatizzasse. E quando il mio cuore batteva più forte, perché immaginava una vita accanto a lei, anche solo sulla stessa via o nello stesso raggio di respiro, mettevo le mie mani sul petto. Come se fossero un silenziatore, per non far capire niente a lei. Che, mentre fingeva di dormire, aveva capito tutto.
